La maggior parte delle patologie della pelvi e del perineo femminile rimangono per lungo tempo misconosciute o addirittura nascoste dalle stesse donne.
Basti pensare, ad esempio, alla VULVODINIA, patologia emergente nell’ambito delle problematiche PELVICO-PERINEALI FEMMINILI, di cui oggi si comincia finalmente a parlare grazie ad influencers ed associazioni di pazienti molto attivi nel richiedere giustamente il riconoscimento di questa patologia da parte del SSN e nel promuovere l’accesso alle cure.[Definita negli anni 70 come la ” sindrome della vulva che brucia” la vulvodinia è oggi definita scientificamente come un “dolore vulvare che dura da almeno tre mesi in assenza di una causa chiaramente identificabile”.
In Italia si stima che ne soffra il 12-15% della popolazione generale femminile.
Si parla di vulvodinia generalizzata quando i sintomi vengono riferiti a tutta la regione vulvare o localizzata quando sono interessate delle aree specifiche, come ad esempio il vestibolo vulvare, nel qual caso parliamo di vestibolodinia.
La vulvodinia può essere SPONTANEA,quando il dolore è sempre presente, seppure con diversa intensità e con andamento variabile, oppure PROVOCATA, quando il dolore è generato dal contatto ( visite ginecologiche, rapporti sessuali, indumenti aderenti, posizione seduta,…)
Generalmente chi soffre di vulvodinia soffre anche di “ipertono non neurogeno del pavimento pelvico” ovvero uno stato di contrattura del pavimento pelvico con difficoltà a rilasciare la muscolatura. In pratica i muscoli si contraggono come meccanismo di difesa nella zona dolorante e restano contratti.
Più frequentemente i sintomi riferiti dalle donne affette da vulvodinia sono: bruciore, prurito, sensazione di punture di spilli, taglietti all’ introito vaginale, scosse elettriche, gonfiore di piccole e grandi labbra.
A questi si associano spesso disturbi urinari ( urgenza minzionale, minzione frequente), disturbi intestinali; dolore trafittivo durante i rapporti; dolore gravativo in area pelvica.
Le cause della vulvodinia non sono ancora ben conosciute.
Si sa però che può manifestarsi dopo un trauma diretto ( parto con lacerazione, episiotomia, chirurgia pelvica) o in concomitanza di infezioni urinarie o vaginali ricorrenti, utilizzo prolungato o inappropriato di antibiotici, sindrome dell’ intestino irritabile, endometriosi, emicrania, fibromialgia, sindrome della vescica dolorosa.]
Possono impattare in modo più o meno grave su azioni quotidiane come sedersi, indossare biancheria intima, pantaloni aderenti, lavarsi, fare sport ed anche camminare.
Non è affatto semplice convivere con la malattia.
Il ritardo nella diagnosi, ritarda l’inizio delle cure e favorisce la cronicizzazione del problema riducendo le probabilità di guarigione.
In assenza di cure le donne sono condannate a convivere con dolori cronici che possono arrivare a limitare fortemente la loro vita quotidiana.
Uno dei fattori alla base del ritardo diagnostico di queste patologie sta proprio nel fatto che sono spesso sconosciute a molti medici e risultano pertanto sottodiagnosticate, vista anche l’assenza di segni esteriori che possano manifestare chiaramente la sofferenza agli occhi degli altri. Il dolore non si vede.
Va anche considerato che difficilmente nei corsi di specializzazione si formano i giovani medici su queste problematiche fino ad oggi ritenute “di nicchia”.
La formazione dei medici è quindi fondamentale per formulare una corretta diagnosi che porti ad un avvio tempestivo delle cure.Nella maggior parte dei casi succede quindi che le donne affette da dolore pelvico cronico, trovino e contattino autonomamente tramite “passaparola” ginecologi, gastroenterologi, urologi, neurologi, fisiatri fisioterapisti, terapisti del dolore al fine di individuare un percorso clinico-assistenziale e terapeutico appropriato.
Poiché in Italia mancano strutture pubbliche con competenze specifiche in materia le donne si vedono costrette ad individuare e seguire questo percorso presso ambulatori/strutture privati accollandosi ingenti costi.
Ne consegue che molte sono costrette a rinunciare totalmente o parzialmente alle cure, compromettendo così ulteriormente l’eventuale guarigione.
Da tutto questo, in coerenza con la mission di promozione della salute pubblica della Azienda Sanitaria Locale di Bari, è scaturita l’esigenza di istituire presso il P.O. San Paolo di Bari un Ambulatorio Specialistico Pubblico, chiamato “Ambulatorio del Benessere Pelvico Perineale Femminile”, idoneo alla diagnosi e alla cura della vulvodinia e, più in generale, del dolore pelvico perineale cronico femminile, in grado di:
– garantire la presa in carico a 360 gradi delle donne affette da queste patologie invalidanti attraverso un approccio multidisciplinare integrato;
– offrire una terapia multimodale personalizzata.
( Delibera n. 1712 del 16/09/2022).
Trattasi di un progetto ambizioso, originale per quanto a nostra conoscenza in ambito pubblico, con primo accesso diretto .
Operativamente al momento il call centre è attivo il martedì dalle 11.30 alle 13.00 e l’ambulatorio il giovedì dalle ore 15.00 alle ore 19.00. Abbiamo iniziato ufficialmente dopo le festività natalizie ed abbiamo già ad oggi prenotazioni di visite fino a tutto il mese di aprile.
Tutte le donne che arrivano alla nostra osservazione hanno al seguito un corredo di esami e visite specialistiche accumulate negli anni, che o non hanno portato ad alcuna conclusione diagnostica chiara o non hanno portato ad individuare un idoneo percorso di cura.
Questo crea spesso, come e’ facile intuire, una diffidenza iniziale ed una urgenza da parte delle donne che sono i problemi da affrontare e risolvere prima ancora di arrivare alla diagnosi e alla cura.
Il team ” ginecologico” comprende 2 medici, al momento un’ ostetrica in attesa di un’altra unità.
Il team multidisciplinare si allarga a comprendere altre figure specialistiche con cui stiamo creando un percorso integrato di presa in carico della donna( fisiatra, psico-sessuologo, fisioterapiste, reumatologo, urologo, gastroenterologo, immunologo, terapista del dolore, dietologo, anatomo patologo, immunologo, medico immunotrasfusionale).
Abbiamo previsto anche la presenza di un coordinatore scientifico.
Purtroppo la non disponibilità immediata nel pubblico di personale con specifica competenza in materia allunga i tempi della completa realizzazione del nostro progetto che, come abbiamo detto anche nella giornata della inaugurazione, è un ” work in progress” e come tale attualmente ancora imperfetto. Inoltre, rende di fondamentale importanza la “formazione” e la ” ricerca” delle quali in generale le patologie dolorose pelvico perineali femminili, ed in particolare la vulvodinia, sono orfane.
Poiché però la maggior parte delle figure professionali coinvolte operano all’ interno del nostro ospedale questo ci agevola nella creazione di percorsi dedicati condivisi.
D’altro canto la nostra iniziativa sta spingendo anche colleghi di altre discipline ad approfondire la conoscenza di questo tipo di problematiche e questo riteniamo sia cosa importante.
Un progetto in divenire, quindi ancora imperfetto e in fase di implementazione, che senz’altro risente, almeno in questa fase di avvio, del mancato riconoscimento di queste patologie da parte del SSN e della assenza di linee guida per redigere un piano diagnostico – terapeutico assistenziale (PDTA).
Però se, come speriamo, il nostro progetto arriverà a tradursi in un PDTA organizzato questo potrebbe rappresentare un modello da replicare anche in altre regioni.