Cari colleghi,
In occasione della apertura del nuovo sito ufficiale della Società Campano Calabro Apulo Lucana di Ginecologia ed Ostetricia desidero salutare a nome del Direttivo e mio personale tutti i soci che hanno animato e sostenuto la SCCAL e che la sosterranno in futuro nelle attività e negli eventi che si succederanno.
E’ stato per me un grande onore essere chiamato a presiedere una delle associazioni ginecologico-ostetriche più prestigiose, che rappresenta le eccellenze ginecologiche del Sud, a cui da sempre sono legato, che ha avuto tanti nomi illustri che mi hanno preceduto ed è per questo che ringrazio coloro che mi hanno proposto e votato.
La Ostetricia e Ginecologia in questi anni è molto cambiata rispetto al passato e le sfide che oggi uno specialista deve affrontare sono nuove e molto difficili.
Se da un lato le competenze in una disciplina che ormai abbraccia tutte le esigenze della donna in modo sempre più completo si fanno continuamente più profonde dall’altro i contenziosi medicolegali sono aumentati e nonostante i tanti tentativi di allentare questa tenaglia diventa molto complesso tutelare il ginecologo che deve offrire standard diagnostico-terapeutici di livello sempre più alto.
A questi cambiamenti a mio parere non sempre le associazioni sindacali e scientifiche hanno dato risposte adeguate o proposto concrete iniziative contrattuali o di legge migliorative della disciplina che regola l’organizzazione, in maniera omogenea su tutto il territorio regionale, della presa in carico clinico-assistenziale della donna in gravidanza, della coppia e del neonato..
Tante sono le questioni aperte che dovremo affrontare e tra queste come esempi vorrei citarne tre la denatalità, il finanziamento insufficiente delle attività ostetrico ginecologiche, l’inquadramento dei Pronto Soccorso ostetrico ginecologici all’interno delle aree di Emergenza.
La prima è la denatalità che si contrappone paradossalmente al limite dei mille parti/anno posto nei requisiti di qualità e sicurezza del percorso nascita, come previsto dall’Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010, recante: Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli inter venti assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo.
In tale accordo fu fissato in almeno 1000 nascite/anno lo standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimento/attivazione dei punti nascita e previsto la “razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l’abbinamento per pari complessità di attività delle U.U.O.O. ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche. Successivamente il limite per la chiusura dei punti nascita si è spostato a 500 parti/anno.
In tutto il sud Italia ove la tendenza è quella di partorire in strutture private facendo convergere verso le strutture pubbliche i casi a maggiore complessità e dove pur essendo il tasso di natalità ancora superiore a quello delle regioni del nord il calo percentuale delle nascite è maggiore il numero parti complessivo per struttura apparentemente è inferiore ai minimi stabiliti in molte strutture pubbliche.
Il numero di 500 -1000 parti stabilito arbitrariamente per garantire sicurezza nei punti nascita e basato sull’assunto che dove si assistono meno di 500/1000 parti non ci siano le condizioni strutturali, le risorse umane e l’expertise necessarie e che dove si assistono pochi parti si eseguono un maggior numero di tagli cesarei, non corrisponde alle singole reali capacità dei punti nascita e non risolve il problema dell’eccesso di parti espletati con cesareo per cui sarà necessario rivedere questi criteri.
Per comprendere il fenomeno è necessario fare analisi più articolate.
In primo luogo per quanto riguarda l’expertise e le risorse umane va considerato il numero di posti letto e le risorse umane di cui il punto nascita è dotato perché per esempio se il rapporto è 80 posti letto e 2000 parti/anno con 60 ginecologi rispetto ad un altro punto nascita con 15 posti letto e 800 parti/anno e 14 ginecologi è evidente che in quest’ultimo punto nascita sia l’esperienza del singolo operatore sia il rendimento economico saranno più favorevoli e quindi risulterà un punto nascita da promuovere e non da chiudere.
In secondo luogo quando si rapportano i tagli cesarei al numero di parti espletati nella struttura bisogna analizzare gli indicatori di complessità delle patologie affrontate dal punto nascita. Infatti se come avviene al Sud si tende a partorire nelle strutture private, anche per il maggior confort alberghiero offerto, è evidente che i punti nascita delle strutture pubbliche avranno meno nati, ma più tagli cesarei per una maggiore concentrazione di gravidanze ad alta complessità che verranno indirizzate verso gli ospedali.
Ancora una seconda criticità, ma che non è di secondaria importanza, è la ormai urgente ed irrinunciabile revisione dei DRG assegnati al parto spontaneo (la più urgente) al taglio cesareo, agli interventi oncologici ginecologici e alle procedure isteroscopiche, laparoscopiche e ancor di più di chirurgia robotica (per quest’ultima non esiste ancora alcun DRG codificabile). E’ inimmaginabile continuare a finanziare le nascite o la cura delle patologie ginecologiche con questo tipo di spesa quando oggi alla assistenza ostetrica e ginecologica si richiedono tecnologia, personale e strutture di livello sempre maggiore. Ci sono tavoli ministeriali al lavoro per la revisione dei DRG e spero che questa volta la voce dei ginecologi si farà sentire per non avere mai più DRG come quello attuale di 800 euro per un parto spontaneo.
In ultimo vorrei sottolineare la necessità di inserire con chiarezza l’ostetricia e la ginecologia tra le branche di Pronto Soccorso e nelle Reti tempo-dipendenti.
Infatti la specialità di cui ci occupiamo, pur avendo complessità e peculiarietà uniche tali da richiedere spesso la creazione di specifici Dipartimenti Materno-Infantili che possano affrontare in modo omogeneo problematiche non assimilabili né ai Dipartimenti Medici né ai Dipartimenti Chirurgici, ha tutte le caratteristiche della urgenza emergenza e tempo dipendenza . Infatti così come avviene nelle reti IMA o Stroke presenti nei DEA è necessario creare stretti collegamenti sia strutturali che funzionali tra Dipartimenti di Emergenza e Dipartimenti Materno Infantili data la comune necessità di disponibilità di sangue o terapia intensiva o di diagnostica radiologica anche interventistica di urgenza
E’ quindi essenziale che le UOC di Ginecologia ed Ostetricia vengano comprese nelle iniziative che a livello nazionale si porranno in essere per incentivare il lavoro dei medici che lavorano in questi settori critici dei Pronto Soccorso sia come dotazioni organiche che come remunerazione e indennità.
L’ obiettivo quindi della SCCAL nei prossimi tre anni è raccogliere esperienze tra i soci, mettere in collegamento ed in evidenza le realtà meridionali non solo nelle criticità ma anche nelle eccellenze presenti nei territori, promuovere ogni attività scientifica e di aggiornamento e favorire la crescita professionale dei giovani ginecologi
E’ quindi credo ormai tempo di stimolare nuove energie tra i soci per discutere ed affrontare questi e tantissimi altri argomenti come l’ECM, la formazione e l’aggiornamento, la previdenza, le insidie dei contenziosi medico legali, i rapporti con le altre società non solo ginecologiche come la FNOPO o altre branche specialistiche come la SIN , l’ACOI, l’AROI, la SIU, la SIRM, i rapporti con le Direzioni Strategiche Ospedaliere e la FIASO, i rapporti con l’ospedalità privata e l’AIOP, i rapporti con la FIMG e le associazioni di volontariato.
Claudio Santangelo